La Fiera di Roma Magazine – giu/lug 2013

Florida. I Caraibi a Stelle e Strisce

La storia a volte è davvero bizzarra, e si capisce bene perché un grande studioso come Marc Bloch si è dannato l’anima per ammonire di non sottovalutare il ruolo svolto dalle passioni e dalle emozioni. Del resto la storia è fatta di uomini e donne, carne e sangue, lotte e cadute, e per Marc lo storico in gamba è come l’orco delle fiabe: “sa che là dove fiuta carne umana, là è la sua preda”. Uno dei grandi temi delle umane passioni si chiama rivincita, desiderio di riscatto, l’attesa paziente del momento in cui lo sconfitto di mille battaglie ritrova finalmente il gusto della vittoria, il trionfo del perdente, l’eroe che spezza le catene dell’umiliazione. Di storie così la Storia è piena ma stranamente non trovano posto nei libri di scuola. Per dire, si sostiene che Scipione a Zama si è dimostrato più grande del grande Annibale, ma è andata davvero così? Niente di più falso. Annibale aveva costretto Scipione a fare esattamente quello che voleva facesse e la battaglia, nonostante tutta la retorica successiva, il Romano l’avrebbe irrimediabilmente persa. Cosa l’ha impedito? Niente che abbia a che fare con la strategia militare. A Zama ha trionfato la voglia di riscattarsi di un pugno di legionari, soldati malconci raccattati qua e là che nessuno voleva, reduci di reparti sconfitti, sopravvissuti di battaglie sfortunate, uomini che si sarebbero fatti ammazzare tutti pur di non mollare: una “sporca dozzina” contro cui nemmeno il genio di Annibale ha potuto nulla. Una storia simile può raccontarla anche la Florida. Ai primi dell’Ottocento, in base a un trattato, gli Stati Uniti acquistano la regione dalla Spagna, il problema è che nessuno si era preoccupato di chiedere il parere dei Seminole, la tribù dei Nativi Americani che lì ci viveva da un pezzo: per loro, giustamente, quella non era altro che carta straccia. Il risultato fu una guerra feroce, durata cinquant’anni, dove ai cannoni si rispondeva con archi, frecce e agguati; alla fine però, nonostante la guerriglia scatenata nelle paludi, gli indiani dovettero ritirarsi nelle Everglades, sconfitti ma non piegati perché quella dei Seminole è stata l’unica tribù a non essersi mai arresa. Il riscatto, stavolta non violento, arriva nel 2006: i Seminole, sbaragliando tutta la concorrenza, acquistano per la cifra astronomica di 965 milioni di dollari il Gruppo Hard Rock Café, la celebre catena internazionale di ristoranti a tema, hotel e locali live nonché proprietaria della collezione più leggendaria di memorabilia della musica rock, dai Beatles a Elvis Presley, da Eric Clapton a Jimi Hendrix. Una guerra vinta a colpi di slot machine e gioco d’azzardo, dove le fiches hanno preso il posto delle frecce e dove oggi, invece di un avamposto militare yankee, a Fort Lauderdale sorge la capitale mondiale del gaming. Ma allora in Florida uno va solo per toccare con mano gli effetti di una grande rivincita? E definitivamente tramontato il sole su quella penisola traboccante di profumi e colori che Ponce de León battezzò “terra dei fiori”? Sono ormai reliquie del passato la fierezza e la selvaggia bellezza di un popolo e di un territorio meravigliosi? Per nulla, e a dispetto dei grattacieli di Miami e del mondo rutilante e zuccheroso di Disneyland, la Florida è ancora un sogno a occhi aperti, e la cosa migliore da fare è prendere a noleggio una decappottabile rosa, magari un’Eldorado, a New Orleans e scendere a sud prima sulla I-10 fino a Jaksonville e poi costeggiando l’oceano lungo la I-95. Sabbia di quarzo, un bianco riflettente che ubriaca, un mare talmente verde da gareggiare con gli smeraldi, dune che muoiono a riva. Perdido, Quietwater, Navarre, Destin, Grayton, Santa Rosa: le spiagge fra Pensacola e Panama City sono talmente belle da sembrare quasi irreali. La strada piega all’interno, sulle colline, e sulla destra esplodono le foreste di Apalachicola. Dopo Lake City e Jaksonville, agrumeti e palmeti cominciano man mano a prendere il posto dei pini e delle magnolie. È forse con un po’ di rammarico che ci si lascia indietro le spiagge di Daytona Beach e Port Orange, ma il miraggio di Orlando è a due passi. A Orlando c’è il mondo di zio Walt, il parco a tema più grande del mondo con una superficie che potrebbe contenere due Manhattan. Avete presente il logo Buena Vista dei film Disney? Ecco, lì c’è l’originale, il Castello della Bella Addormentata nel Bosco, un medioevo immaginario ricreato sulla scorta di un falso storico (Walt Disney prese infatti a modello il castello di Neuschwanstein, la follia romantica di Ludovico II di Baviera), ma a DisneyWorld niente è impossibile, nemmeno atteggiarsi a star di Hollywood nei vicini Universal Studios o assistere alle acrobazie delle orche al SeaWorld. A est però c’è ancora il mare coi suoi richiami. Cape Canaveral va assolutamente visto (il Kennedy Space Center è una tappa d’obbligo), ma dopo Merritt Island si stendono le spiagge della Treasure e della Gold Coast. I nomi ricordano un dramma: nel ’700 un’intera flotta di galeoni spagnoli carichi d’oro venne sorpresa da un uragano, non ci furono sopravvissuti fra le 11 navi ma ogni tanto qualcuno recupera ancora delle monete e se proprio non siete fra i fortunati, Cocoa Beach, Jensen Beach, Port Salerno e Palm Beach sapranno ripagarvi abbondantemente. Fort Lauderdale non ha mai dimenticato i fasti anni ’60 e soprattutto ’70 dello Spring Break. Certo, magari non si incontrano più le “miss maglietta bagnata” dei tempi d’oro e vale la pena visitare il Museum of Art, Stranahan e Bonnet House o l’oasi marina di Hugh Taylor Birch State Recreation Area, tuttavia palme, spiagge bianche e tavole da surf nessuno le ha mai spostate e Fort Lauderdale rimane ancora un luogo effervescente da vivere by night, fra feste, pub e locali. L’auto la si restituisce a Miami, e qui è fin troppo facile vagare per Downtown o fare una passeggiata a Ocean Drive, la strada più celebre di Miami Beach.

Everglades National Park
Lo hanno definito “inferno verde”, un labirinto di canali, alligatori, pitoni, mangrovie, paludi e sabbie mobili: non si stenta a credere che qui s’è impantanato, tenuto in scacco da uno sparuto gruppo di guerrieri Seminole, anche l’esercito più potente del mondo. Oggi però è una delle aree umide più straordinarie del Pianeta tanto da essere stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Il parco è visitabile a piedi, in bus o in bicicletta e forse quest’ultimo è il modo migliore per godere appieno delle sue meraviglie. E dopo aver visto tanti alligatori che una vita non basterebbe e un numero sterminato di tartarughe e ogni specie di uccelli, per capire cosa si è fatto bisogna salire sulla Shark Valley observation tower: la vista è mozzafiato.