Mondo in Blue – The Blue Panorama Magazine nov/dic 2013

Val d’Aosta. Sciare tra le montagne che hanno fatto la storia

Dici Val d’Aosta e pensi subito a una magnifica pista da sci orlata di abeti. Il bianco accecante della neve, il silenzio irreale, l’azzurro terso del cielo. È così naturalmente, perché questo è puro territorio alpino, il luogo dove svettano imperiose le cime del Bianco e del Rosa, ma la Val d’Aosta è anche altro e spesso molte delle grandi unicità di cui la regione è inflessibile custode passano in secondo piano e rischiano di non essere vissute come meriterebbero. Intanto la valle, e Aosta in particolare, è ricca di storia. È qui che si aprono i due grandi passi alpini, il Piccolo e il Gran San Bernardo, che prima dell’inaugurazione del traforo del Monte Bianco costituivano le uniche vie di comunicazione fra l’Europa occidentale e l’Italia. Qui è passato Annibale coi suoi elefanti, qui è passato Carlo Magno per andare a assediare la Pavia di longobarda di Desiderio, qui è passato Napoleone durante la campagna d’Italia. Aosta, del resto, è il prodotto del genio pratico dei romani che, come si sa, non avevano bisogno di molto tempo per capire quale importanza strategica avesse un dato luogo: se era abbastanza importante ci lasciavano una piccola guarnigione, ma se era davvero vitale dal nulla sorgeva un’intera città. Questo è esattamente quello che hanno fatto i legionari di Augusto nel 25 a. C.: Aosta, col nome di Augusta Praetoria, è nata così, al crocevia fra la Alpis Poenina e la Alpis Graia, le importantissime per Roma vie delle Gallie. E Roma a Aosta è ancora molto presente, tanto che è una delle rarissime città che hanno conservato l’originale impianto di fondazione con cardo, decumano e le suddivisioni a angolo retto dei quartieri. Le mura circondano ancora il centro storico, a cui si accede dalle monumentali Porte Pretoriane, e nei pressi il teatro e un bellissimo criptoportico alla base del foro. Lungo la strada delle Gallie, in alcuni tratti come a Donnas scavata nella roccia, il Pont Saint Martin, un ponte a campata unica di 35 metri e verso il Gran Paradiso, sulla strada che porta a Cogne, si trovano le incredibili opere di ingegneria del ponte-acquedotto di Pondel. Ma la “Valle di Augusto” non è solo Roma. Non appena si entra nel territorio di Aosta si capisce immediatamente che qui il medioevo non è mai tramontato. Sui monti tutt’intorno, stagliandosi contro le cime innevate, si inerpicano verso il cielo torri, castelli e fortificazioni. Fra i più belli il castello di Fénis, una struttura imponente che testimonia l’altissimo livello raggiunto dall’architettura militare del Trecento, e il castello di Ussel, nei pressi di Châtillon. Più recente è il Forte di Bard, una piazzaforte strategica all’imbocco della valle che resistette due settimane prima di cedere allo strapotere dell’Armée di Napoleone. Arte e meraviglie, dunque, tuttavia non si può ancora tacere dello splendore della natura che qui regna sovrana. Per gli amanti della montagna la Val d’Aosta è il paradiso e Courmayeur è il nome che sciatori e alpinisti tengono a fior di labbra. Ai piedi del Bianco si snodano oltre cento chilometri di piste collegate fra loro da un’efficiente rete di impianti. Qui è possibile praticare tutti i tipi di sport invernali, anche i più estremi, come i fuoripista del Toula e della celebre Vallée Blanche che consente di raggiungere sull’altro versante Chamonìx. E poi la magnificenza dei parchi e dei ghiacciai: il Rosa, gli ulivi centenari del priorato di Saint Gilles, Saint Martin de Corléans. Non è difficile scorgere camosci e marmotte, ma per i più fortunati può anche esserci l’incontro con l’aquila o con la candida stella alpina.

L’eau verte di Saint Marcel
C’è un luogo magico in Val d’Aosta, un luogo che bisbiglia la lingua strana degli elfi e degli gnomi. È un ruscello dall’incredibile color turchese dove ogni cosa, foglia, legno o pietra, se immersa in quest’acqua cristallina perde il proprio colore per assumere una tonalità diafana da mondo delle fate. La ragione di questa meraviglia è un minerale, la woodwardite, che dalla sorgente più in alto scende depositandosi sul letto del ruscello più a valle. La passeggiata che si compie per arrivarci è bellissima. Si percorre un’antica strada selciata immersa nel bosco e orlata di rododendri e muschio. Ogni tanto si perde la visuale del torrente ma la voce dell’acqua fa da guida; dall’altra parte della valle i rivoli di una cascata che screziano di bianco le rocce scure. D’improvviso lampi di azzurro cominciano a balenare tra i rami fino a che appare in tutta la sua bellezza il nastro liquido dal colore impossibile. La sorgente è poco più su e se si sale ancora si trovano i resti di una vecchia miniera abbandonata: edifici diroccati e malmessi dove si respira ancora l’odore della fatica e del lavoro oscuro e ingrato nelle viscere della terra.