Mondo in Blue – The Blue Panorama Magazine nov/dic 2011

Arianna Huffington. Il sogno americano formato web 2.0

Qualche anno fa uscì nelle sale My Big Fat Greek Wedding, un film divertente e scanzonato di Joe Zwick che raccontava la storia di Toula, una ragazza greca cresciuta negli Stati Uniti alle prese con il modo freddo e compassato con cui la cultura WASP vive le relazioni interpersonali. Un film a lieto fine, visto che la fanciulla riuscirà a portare all’altare l’aitante Ian, ma la pellicola è più di una semplice commedia dai toni leggeri perché si fa tramite del concetto più genuinamente yankee che ci sia: l’American Way of Life, la filosofia del sogno realizzabile, l’idea forte che l’America sia il Paese che ti dà sempre una possibilità per emergere, anzi più di una. Una filosofia a cui l’America di Obama in questi tempi di crisi cerca disperatamente di aggrapparsi. Il paragone con il film di Zwick sembra assolutamente calzante, e non solo perché Arianna Huffington essendo nata a Atene è greca come Toula, ma anche perché per lei, come per Toula, il sogno americano si è avverato davvero visto che oggi è la giornalista più influente degli Stati Uniti e, secondo Forbes, è al 28° posto fra le donne più potenti del 2010. Nata Stassinopoulos, Arianna mantiene il cognome ingombrante ma più spendibile dell’ex-marito e come in altre storie simili – su tutte quella della scrittrice inglese Rowling creatrice del fenomeno Harry Potter ­– inizia la sua folgorante ascesa dopo un divorzio non proprio all’acqua di rose. A partire da una rubrica personale, fonda nel 2005 The Huffington Post, il blog di news che in poco tempo supera per numero di utenti unici i lettori on-line dell’autorevole New York Times e viene acquistato da America On Line per ben 315 milioni di dollari. Il segreto del successo dell’HuffPo si annida fra le pieghe della sfiducia che la crisi ha aperto nell’informazione ufficiale, accusata di aver, se non mentito, almeno coperto le responsabilità del potere economico e politico: un misto di populismo e provocazione che ha fatto breccia nella Rete. “I lettori non vogliono solo le notizie, vogliono essere coinvolti” – argomenta la Huffington – “Passioni, sentimenti, battaglie sociali, sono il cuore della conversazione che si stabilisce con loro: una conversazione che deve essere costantemente alimentata”. Partecipazione sembra dunque essere la parola d’ordine dell’informazione 2.0 secondo la bionda giornalista, che oggi può vantare oltre seimila collaboratori e ben 200 milioni di fan. Certo, oggi la Huffington deve risolvere il dilemma che ha afflitto ogni avanguardia e che le veloci dinamiche del web rendono ancora più evidente: ci si può mantenere puri e indipendenti quando si ha successo e i soldi in ballo cominciano a diventare tanti? Lo scorso luglio Arianna, insieme all’amministratore delegato AOL Tim Armstrong, era a Cannes, al festival internazionale di pubblicità, per convincere gli investitori a scommettere sul mega-progetto di cui la Huffington ha assunto il comando. Con molti malumori, a cominciare da quelli di Micheal Arrington, fondatore del seguitissimo blog TechCrunch. In effetti la questione è spinosa, perché se da un lato Arianna Huffington soffre il punto di vista di Arrington circa la modalità di produrre business attraverso l’informazione indipendente e quindi vorrebbe estrometterlo dal Gruppo, dall’altro la sua presenza a Cannes sconfessa tutti i proclami di sostenere la propria attività senza ricorrere all’establishment economico. In mezzo ci sono le rivendicazioni di qualche migliaio di blogger che vorrebbero essere pagati e a cui la Huffington non solo non ha mai elargito nemmeno un dollaro, ma che ha anche dichiarato di non avere la minima intenzione di cominciare a farlo. Difficile immaginare come andranno le cose, ma di sicuro c’è che la partita appena iniziata sembra proprio di quelle che vale la pena di seguire fino in fondo.

Paternità e copyright. L’effetto Facebook
Come si può difendere la proprietà intellettuale e la creatività ai tempi di Internet? Il caso dei gemelli Winklevoss e dell’azione legale contro Mark Zuckerberg è emblematico, soprattutto dopo il successo di The Social Network. Anche Arianna Huffington dovrà farci i conti visto che Peter Daou e James Boyce, due consulenti del Partito Democratico, l’accusano di aver sottratto loro l’idea di The Huffington Post. Arianna risponde per le rime e pare sia in una botte di ferro, ma le cose non sembrano così semplici come sembrano se un giudice ha ammesso la possibilità che la causa intentata da Daou e Boyce abbia un qualche fondamento. Lo chiamano Effetto Facebook, ma è probabile che la Huffington non sia affatto contenta di tutto questo clamore.

 

Antigua. Colore allo stato puro

Antigua, e la vicina Barbuda, sono due isole delle Piccole Antille magnificamente immerse in uno scenario paradisiaco: da una parte il blu dell’oceano, dall’altra il verde smeraldo del Mar dei Caraibi. E indubbiamente i lati caraibici sono quelli più stupefacenti perché, se ancora non fosse evidente, da queste parti ci si viene soprattutto per il mare. Le spiagge sono moltissime, la sola Antigua ne vanta addirittura ben 365, ma al di là del numero contano i colori, le sinfonie di luce, i giochi cromatici che la natura riesce a creare combinando all’infinito trasparenza delle acque, cieli tersi e sabbie impalpabili. In effetti se una differenza c’è fra le due isole principali questa è proprio nel colore della sabbia: a Antigua è di un bianco accecante, mentre a Barbuda si tinge di un pallido rosa, frutto della moltitudine di conchiglie che si frantumano in milioni di piccoli frammenti. Certo, Antigua e Barbuda sono diverse anche per un altro aspetto: se infatti si vuole vivere una frizzante mondanità bisogna scegliere Antigua, ma invece se si cerca tranquillità e natura incontaminata si deve dare la preferenza a Barbuda. Antigua deve il suo nome a Colombo che, nel 1493, la dedicò alla sivigliana Santa Maria la Antigua. L’isola ospita la stragrande maggioranza delle strutture ricettive e dei locali di intrattenimento del Paese, tuttavia è ancora possibile cogliere l’autentico spirito creolo antillano in alcuni quartieri di Saint John’s, la capitale, dove la musica del calypso scandisce, oggi come ieri, i ritmi lenti della vita quotidiana. La cittadina comunque conserva intatto un po’ ovunque il suo fascino di isola coloniale britannica. Nelle vicinanze del molo sorgono Fort Barrington e Fort James, due imponenti fortificazioni del XVIII secolo, mentre dalle parti di English Harbour, una zona dichiarata Parco Nazionale, è possibile visitare il restaurato Arsenale e passeggiare in tutta l’area denominata Nelson’s Dockyard, un tempo base principale della Marina Britannica che per tre anni fu sotto il comando del vincitore della battaglia di Trafalgar. Gli edifici, in stile georgiano, si alternano a ristorantini, negozi, musei e vecchi moli, i più romantici devono però salire fino alla vecchia postazione militare di Shirley Heights da dove si gode il più bel panorama dell’isola. A St. John’s è anche possibile trascorrere qualche ora di relax facendo acquisti in deliziosi negozietti di artigianato locale o girando fra i banchi coloratissimi degli ambulanti. Il venerdì e il sabato mattina si svolge un animatissimo mercato dove trovare non solo piccoli manufatti in paglia lavorata, oggetti in legno lavorato e ceramica dipinta, ma anche frutta, verdura e spezie. Una delle cose da non perdere assolutamente è comunque una visita alle piantagioni abbandonate di canna da zucchero dell’isola; ce ne sono diverse, ma le più affascinanti sono quelle di Betty’s Hope, dove fanno bella mostra di sé i vecchi mulini a vento in pietra, una distilleria e un piccolo museo. Antigua è tuttavia il paradiso per chi ama lo snorkeling. Betty’s Hope, insieme a Half Moon Bay, è considerata anche una delle spiagge più belle di Antigua, ma non è certo l’unica. Fryes Beach, Darkwood Beach, Johnsons Point e Galeon Beach sono solo alcune di queste. A Deep Bay si può ancora ammirare a pelo d’acqua il relitto di un naufragio, mentre a Long Bay si ha una vista magnifica sul Devil’s Bridge, il Ponte del Diavolo, un arco di roccia naturale flagellato dalle onde dell’oceano. Se poi si vuole avere un assaggio di paradiso, non resta che lasciarsi sedurre da un’escursione alla scoperta di alcune delle piccole isole disseminate fra Antigua e Barbuda. Lembi di sogno, colori mozzafiato e silenzi, visto che la maggior parte di loro sono disabitate. Per la visita ci si può rivolgere a uno dei tour operator del luogo, come ad esempio Best Tours (www.besttours.it) o Un altro sole (www.unaltrosole.com).

Il fascino della cucina creola
La cultura creola è frutto delle diverse influenze che nei secoli si sono intrecciate e amalgamate con la tradizione locale, e questo mix non poteva che avere delle conseguenze piacevoli anche per il palato. Il riso è cucinato in mille modi diversi ed è presente in quasi tutti i piatti. Freidurias (pezzi di pollo arrostiti), morcillas (sanguinacci) e longanizas (salsicciotti di maiale, molto speziati, lasciati seccare al sole prima della cottura) denunciano la loro origine spagnola, così come il locrio (una sorta di paella) e la bandera (riso bianco, fagioli rossi e carne stufata). Ma anche i piatti a base di pesce, spesso serviti con curry o chutney, una salsa agrodolce, sono ben rappresentati: barracuda, cernie, king fish e, soprattutto, fantastiche aragoste. E nel bicchiere? Be’, qui è impossibile privarsi del famoso rum delle Antille.

 

Torino. I misteri all’ombra della Mole

È curioso, ma una delle leggende che da sempre accompagna tenacemente la compassata Torino, il salotto buono d’Italia dal gusto un po’ retrò, è quella che le assegna il titolo di città “magica”. E non da ieri. Uno dei miti di fondazione più antichi, infatti, fa riferimento addirittura agli Egizi, che qui, alla confluenza della Dora e del Po, avrebbero eretto un tempio dedicato al dio Api, il dio toro, e tutt’intorno una città e civiltà che rimasero in vita fino a che non furono distrutte dagli Etruschi. Sarà per questo che Torino ospita il più importante Museo d’Arte Egizia del mondo dopo quello de Il Cairo?
Anche la seconda fondazione ad opera dei Romani, Julia Augusta Taurinorum, sembra collocarsi nello stesso solco misterioso. L’attuale planimetria della città è ancora quella del castrum, l’accampamento militare delle legioni, sviluppato su pianta rettangolare e organizzato su due direttici perpendicolari (il cardo e il decumano) che si incrociavano al centro, dove veniva collocata la tenda di comando, e che portavano alle quattro porte di accesso. Una di queste è ancora visibile ed è anche una delle meglio conservate al mondo fra quelle esistenti del I secolo d.C.: è la bellissima Porta Palatina, la Porta Principalis Sinistra. Nel caso di Torino, le porte puntano in direzione dei quattro punti cardinali in coincidenza con il 45° parallelo che ha come riferimento l’obelisco di piazza Statuto. E proprio piazza Statuto è segnalata come uno dei luoghi magici della città perché pare ricopra la Val Occisorum, il luogo delle esecuzioni capitali; in effetti durante lo scavo per la costruzione della ferrovia venne ritrovata una antica necropoli.
Torino poi, come Praga e Lione, viene definita “città del diavolo”, luogo frequentato nei secoli da personaggi famosi ammantati di mistero che rispondono ai nomi di Paracelso, Cagliostro, Nostradamus, l’immortale Conte di Saint Germain e il sensitivo Gustavo Rol. Ma se questo è vero, come si spiega che proprio la città sabauda ospiti la Sacra Sindone, una delle reliquie più famose della Cristianità? Un altro mistero, soprattutto se si considera che tra le statue che si trovano davanti all’ingresso della chiesa della Gran Madre (pare edificata sul sito di un tempio dedicato alla dea Iside) si dice si possano trovare gli indizi per trovare il Santo Graal.
Sia come sia, Torino ha molte altre frecce al suo arco per decidere di dedicarle una visita, soprattutto perché dopo gli importanti interventi di ristrutturazione eseguiti in occasione delle Olimpiadi Invernali del 2006, la città ha riacquistato l’antico splendore.
Si può cominciare da piazza Castello, il cuore di Torino; di qui, percorrendo i portici di via Roma, si arriva a piazza San Carlo, dove giganteggia il Caval’d’Brons, la statua equestre in onore di Emanuele Filiberto. La zona è stata recentemente resa pedonale e per questo la sosta nei suoi celebri caffè è diventata ancora più deliziosa. Tornando a piazza Castello si può visitare Palazzo Madama e il Museo di Arte Antica per poi percorrere i portici di via Po che conducono a piazza Vittorio Veneto, una delle piazze più grandi d’Europa, dove sorge la Chiesa della Gran Madre di Dio. Una breve passeggiata e si è ai piedi dell’edificio simbolo di Torino, la Mole Antonelliana, dalla cui sommità si può avere una vista eccezionale della città con un panorama che arriva ad abbracciare anche le vicine Alpi.

Il Parco del Valentino
Lambito dalle acque del Po, a due passi dal centro della città, si trova uno dei luoghi più amati dai torinesi: il Parco del Valentino. Di solito ci si va in primavera, ma anche nelle fredde giornate di sole invernale il parco è molto frequentato da chi vuole regalarsi una passeggiata in mezzo al verde. Nel parco sorge anche un castello che una leggenda vuole sia stato fatto costruire da Maria Cristina di Francia come dimora per i propri convegni galanti. E, tanto per aggiungere altri elementi a favore della natura misteriosa di Torino, sembra che la contessa fosse incline a disfarsi dei suoi amanti gettandoli in un pozzo. L’edificio ha una pianta a ferro di cavallo contornata da quattro torri. Vi è anche la ricostruzione di un borgo medievale che, allestito per l’esposizione universale del 1884, fa ancora bella mostra di sé insieme a giardini, piccole cascate, fontane e corsi d’acqua.