Mondo in Blue – The Blue Panorama Magazine mar/apr 2014

Mosca. Una galleria d’arte a cielo aperto

Cosa può raccontare Mosca che non abbia già raccontato mille volte? Ci si può ancora sorprendere in una società ormai piegata al dispotismo del web 2.0 dove tutto è in mostra e tutto si può trovare? Un “sì” divertito è la risposta che non ti aspetteresti mai dalla capitale del razionalismo costruttivista. Togliamo per un attimo, solo per un attimo, San Basilio, il Cremlino, la Piazza Rossa, Gorky Park, le tante bellezze pluriblasonate della città, cosa rimane? Moltissimo, basta sapere dove cercare, perché Mosca è una città dove l’arte si respira in strada, passeggiando, lungo un ponte, nella piazza di un quartiere, dietro un palazzo, in una stazione della metropolitana. E visto che da qualche parte bisogna pur iniziare, perché non da qui e con un pezzo di Italia? Alla stazione Rimskaja si trova un gruppo scultoreo con fontana realizzato dagli architetti Imbrighi e Quattrocchi e dallo scultore Berlin. L’opera, completata da medaglioni con riproduzioni delle bellezze di Roma, raffigura Romolo e Remo. Dall’Italia alla Francia: l’uscita della stazione Kievskaja è la copia esatta di quella parigina di Père Lachaise. Ancora fontane. Presso la stazione Novokuznetskaja c’è la fontana-scultura di Adamo e Eva, opera di Marina e Maria Levinskaja, madre e figlia, mentre padre e figlio, Aleksandr e Filipp Rukavišnikov, sono gli autori della “Fontana delle Arti” non lontano dalla Galleria Tret’jakovskaja. Il bronzo – quasi sempre in opere di grandi dimensioni e forme spesso molto divertenti – sembra essere il materiale espressivo preferito dagli artisti che hanno abbellito Mosca. Uno dei più rappresentativi è sicuramente Aleksandr Burganov. Al numero 15 del vicolo Bol’šoj Afanas’evskij si trova il Museo Statale di Mosca “Casa di Burganov”. È un luogo magico perché parte dell’esposizione è perfettamente visibile dalla strada e le opere – alcune sedute sul davanzale, altre aggrappate a un muro, altre ancora che occhieggiano dagli angoli delle stanze – sono diventate parte integrante dell’edificio che, in qualche sua parte, ha il tetto in cristallo percorribile su passerelle. La più famosa e più fotografata statua di Burganov è la Madame Turandot, sull’Arbat, ma Mosca ne conserva molte altre. In vicolo Bol’šoj Spasogolenišhevskij, di fronte alla Sinagoga Corale, si trova l’Uccellino della felicità: una mano che libera un colombo. In via Povarskaja, vicino l’Accademia Russa della Musica Gnesiny si può ammirare il monumento a E. F. Gnesinaja, pianista, pedagoga e fondatrice dell’istituto musicale dove Burganov ha rappresentato come ali d’uccello il coperchio di un pianoforte. Dall’altra parte del fiume, proseguendo lungo la prospettiva Kutuzovskij, in Ukrainsky boulevard, si trovano i gruppi delle Allegorie, mentre la statua di Walt Whitman è collocata davanti alla Facoltà di Lettere dell’Università Statale di Mosca. Sempre all’Arbat c’è la statua di A. S. Puškin e della compagna Natalja. L’Arbat varrebbe da solo una visita. È una strada pedonale lunga circa un chilometro che fa parte della pianta antica di Mosca – si possono ancora ammirare le mura originali e una delle porte – e che quindi risale al XV secolo. Il quartiere che attraversa era considerato dai nobili russi come la zona residenziale più prestigiosa di Mosca. Quasi completamente distrutto dal grande incendio durante l’occupazione napoleonica, è stato ricostruito nell’800 e da qualche decina d’anni si è animato di ristoranti e locali e abbellito di numerose opere d’arte. Oltre a quelle citate, fra le altre, c’è la statua di Bulat Okudžava dello scultore Franguljan, quella che è stata dedicata al premio Nobel per la Letteratura Šolochov di Rukavišnikov, il monumento all’altro premio Nobel Brodskij sempre di Franguljan e il gruppo composto da Sherlock Holmes e dal dottor Watson dello scultore Orlov.

Il ponte degli innamorati
La moda di appendere un lucchetto su un lampione o una balaustra e di gettare nel fiume la chiave è diventata ormai una pratica diffusissima. Basta un ponte, un fiume e una coppia di innamorati che vogliono scambiarsi una promessa di amore eterno. Spesso tuttavia a resistere nel tempo rimangono solo i lucchetti che si trasformano in grandi grattacapi per tutte le amministrazioni comunali alle prese con grandi masse di ferraglia che deturpano il paesaggio e che pregiudicano la stabilità delle strutture su cui gravano. A Mosca hanno trovato una soluzione ingegnosa e molto creativa. Si sono detti: perché non trasformarli in opere d’arte? Detto fatto. Sul ponte pedonale Lužkov che attraversa il canale Vodootvodnyj sono cresciuti degli alberi metallici le cui chiome sono interamente costituite da fronde di lucchetti di tutte le fogge. L’effetto è davvero sorprendente soprattutto quando i raggi del tramonto strappano bagliori metallici che fanno a gara con le mille pagliuzze dorate dell’acqua.

 

Albania. Il paese delle aquile

È uno strano destino quello che ha legato per centinaia d’anni due territori così vicini come l’Italia e l’Albania. Vicini, anzi vicinissimi, ma spesso incredibilmente lontani, così lontani che spesso il sospetto ha prevalso sulla ragione trasformando quello stretto braccio di mare in un orizzonte da scrutare con angoscia. Eppure è difficile trovare due paesi con tanto in comune. La bandiera albanese, tanto per fare un esempio, è la copia esatta del vessillo che fino alla metà del ’400 rappresentava l’ultimo baluardo dell’Impero Romano in un lago ormai turco: l’aquila a due teste in campo giallo di Bisanzio è infatti quasi la stessa di quella che oggi campeggia sul drappo rosso d’Albania. Un legame così profondamente sentito quello con la romanità che la bandiera bizantina, insieme a quella greca, è ancora ostentata con orgoglio dalle chiese ortodosse della Ionia. Roma come filo conduttore, dunque, e difatti chi avesse la curiosità di risalire viale Aventino in direzione del Circo Massimo si imbatterà in una grande statua equestre di bronzo che, manco a dirlo, domina una piazza chiamata Albania. Lassù, in cima a un poderoso cavallo da guerra, sta Giorgio Castriota detto Scanderberg. Magari ai più questo nome non dice nulla ma fino a non molto tempo fa se un bambino turco faceva i capricci lo spauracchio da evocare non era il lupo cattivo o l’uomo nero ma Isk-Beg cioè proprio lui, Giorgio Castriota, Iskender Beg in lingua ottomana. Il fatto è che nel periodo di massima espansione dell’Impero Ottomano, quando una dopo l’altra cadevano le roccheforti cristiane, da Costantinopoli a Belgrado, dalla Grecia all’Ungheria, quel piccolo paese arroccato fra i monti non voleva proprio saperne di gettare la spugna e degli eserciti di migliaia di uomini della mezzaluna inviati per conquistarlo non tornavano in patria che sparuti e terrorizzati sopravvissuti. Scanderberg per più di vent’anni frustrò ogni velleità di Murad prima e di Maometto II poi e la sua Albania, piccola spina nel fianco di un gigante, sembrava davvero essere diventata come il villaggio di Asterix per Cesare. I turchi dovettero attendere la sua morte ma anche allora non riuscirono a mettere le mani su quel popolo di irriducibili perché una gran parte si rifugiò in Italia, in Puglia e Sicilia soprattutto, dove ancora adesso si parla la lingua albanese. Certo, da Valona salpò anche la grande flotta ottomana che mise a ferro e a fuoco Otranto; a Valona e Durazzo sbarcò il contingente italiano che alla vigilia della II Guerra Mondiale doveva prendere possesso dei Balcani; da Valona e Durazzo sono partite le prime boat people del post-comunismo. E tuttavia questo strano rapporto di reciproche invasioni non ha alterato la sostanza di un legame che può fare di una semplice visita turistica un vero e proprio viaggio di scoperta. A cominciare dalle bellezze naturali. L’Albania ospita ben 15 Parchi Nazionali, fra cui il bellissimo Parco di Theth popolato da orsi, lupi, volpi, cinghiali e linci e dove si possono ammirare le sfumature azzurro ghiaccio della sorgente Syri i Kalter ne Theth (l’occhio blu di Theth) presso Argirocastro e il Parco Pino di Divjaka con la zona lagunare di Karavasta, uno degli ecosistemi più importanti di tutta la regione. Importanti sono anche i segni lasciati dal passaggio di Romani, Veneziani e Turchi. A Durazzo, in cima a una collina, si trova il bellissimo Anfiteatro del II secolo mentre l’area archeologica di Butrinto mostra in tutta la sua evidenza quanto questo paese, cerniera fra Balcani e Mediterraneo, era importante per i Romani. Bellissimo il quartiere medievale di Argirocastro: Ismail Kardaré che ha ambientato qui il suo romanzo La città di pietra dice che è l’unica città dove se ti affacci alla finestra puoi appoggiare il cappello sulla punta di un minareto. A Tirana e nei bazar tradizionali di Kruja si possono acquistare una grande varietà di prodotti artigianali e poi come dimenticare il mare? Ksamil con le sue acque turchesi dove si cullano quattro isolette raggiungibili anche a nuoto oppure Dhermi, nello splendido tratto di costa tra il Passo di Llogaraja e Saranda.

Un premier in tour
Edi Rama, primo ministro albanese, ha le idee molto chiare sul ruolo reciproco che Italia e Albania possono ricoprire in un’Europa finalmente votata alla crescita e allo sviluppo. Il premier ha già incontrato il governatore della Puglia Niki Vendola, a testimonianza dello stretto rapporto che lega due territori così vicini e affacciati sullo stesso mare, ma il tour andrà per diversi mesi e interesserà anche il Nord della Penisola. L’obiettivo è quello di convincere piccole, medie e grandi aziende italiane a lavorare con l’Albania e a investire sulle sue risorse. “L’Albania è un paese ricco, giovane e bello, con petrolio, minerali e tanta acqua. La nostra agricoltura è poco sviluppata, ma con enormi ricchezze da sfruttare. È infine un paese di sole, con una costa meravigliosa ma ancora poco sviluppata”. Dalle sue parole si percepisce l’orgoglio di appartenere a un paese ricco di materie prime e beni naturali ma privo delle tecnologie e del management per sfruttarle al meglio, come dimostra ad esempio l’interesse per il progetto Alterenergy sulle energie rinnovabili, settore nel quale la Puglia è all’avanguardia. “Quello che abbiamo da offrire – continua Rama con grande entusiasmo – è la vicinanza geografica dei nostri due paesi e costi di lavoro davvero molto bassi per le vostre imprese”. Un connubio quello fra imprenditoria italiana e risorse albanesi che può davvero rivelarsi sullo scenario internazionale una prossima grande novità.