Mondo in Blue – The Blue Panorama Magazine mag/giu 2014

Isole del Mediterraneo. Tra notti magiche e natura incontaminata

Tra Panarea e Stromboli nuotano spesso i delfini. Ma capita anche fra Ibizia e Formentera. Ed emoziona più Cala Junco a Panarea o la spiaggia dei Conigli a Lampedusa? La Sciara del Fuoco di Stromboli o l’Arco dell’elefante di Pantelleria? Il Mediterraneo è un mare di tesori, di incanti piccoli o grandi che ne fanno uno dei mari più preziosi del mondo. In Italia, ma anche in Spagna o in Grecia e sulla costa africana. Le Eolie, innanzitutto, le isole dei venti: Lipari, Panarea, Salina, Filicudi, Alicudi, Stromboli e Vulcano. Isole ancora oggi appartate, rudi e selvagge, dove le scogliere si alternano a calette dall’acqua trasparente, il verde della macchia al bianco dei depositi di pomice, il nero lucido dell’ossidiana ai fumi delle solfatare. Isole di sole, vento e solitudine illuminate di notte dalle eruzioni vulcaniche di Stromboli e Vulcano. Panarea d’estate diventa il salotto più vivace del Mediterraneo. Fino all’alba e oltre, si balla alla discoteca del Raya – ben lontana dalle camere – e quando il sole comincia a salire, la colazione si affaccia in tavola. Come facevano Melanie Griffith e Antonio Banderas, all’inizio della loro passione. E che oggi fanno le coppie che si trovano e si smarriscono nella notte magica di Panarea. E poi, a sud, Pantelleria: «Non credo che esista al mondo un luogo più adatto per pensare alla Luna. Ma Pantelleria è più bella» disse Gabriel Garcia Marquez, innamorato del glamour selvaggio di Pantelleria, di questi che definì «fondali addormentati», dalle «case dipinte di calce dalle cui finestre si vedono, nelle notti senza luna, i fasci luminosi dei fari africani». Più lontane, non meno fascinose, le Baleari, isole imperdibili che, al di là della mondanità, conservano ancora una dimensione umana in armonia con la natura. Luoghi dove, al tramonto, è sempre possibile, e consigliato, riconciliarsi con i propri ritmi e il proprio tempo. O, ancora, a scatenarsi come nottambuli. Perché questo è un posto magico, dove l’alba è mezzanotte e l’alba vera, quella con il sole che sorge, è solo l’inizio della serata. Ci sono discoteche diventate, più ancora che un simbolo, una vera e propria palestra di gioia della vita: il Pacha, l’Amnesia, El Divino, El Paradise, l’Eden sono il sogno da raggiungere e da vivere per giovani affascinati dalla movida, sono l’emozione che rompe gli schemi. Magica Spagna, magico Mediterraneo.

I luoghi di Ibiza
Il Discobus è trovata semplice e geniale che salva l’isola dalle tragedie della notte, quando ci si mette al volante stanchi, assonnati e magari dopo qualche bicchiere di troppo. Il bus collega tutte le discoteche dall’inizio della serata fino a dopo l’alba. Il Cafè del Mar nasce qui, a Sant Antonio, combinazione di splendida musica e di un panorama accattivante, su un lungomare accarezzato da rocce e gabbiani. Per notti, e ricordi, che non muoiono mai.

Cicladi. L’ombelico del mondo

Niente era più perfetto del cerchio agli occhi dei Greci e nonostante la loro idea che il tempo fosse stratificato e non sequenziale, ciclicità e circolarità hanno sempre costituito un enigma della natura per quelle menti così razionali. Diversamente, come si spiegherebbe il fatto che accanto alla logica ferrea dei filosofi continuavano a sopravvivere le credenze orfiche e il culto dell’ouroboros, il serpente che si morde la coda? Il termine “ciclico” è anche all’origine del nome dell’arcipelago più famoso dell’Egeo: Cicladi, appunto. Le isole infatti sono disposte come un cerchio intorno a Delo, il suo centro, e Delo per i Greci, e non solo per loro, era un posto particolare, sacro. È lì che il mito fa approdare Leto perseguitata dalla gelosia di Era, lì che dà alla luce Apollo e Artemide, i gemelli divini. Il dio della musica e della bellezza, in particolare, è, con il nome Febo, anche dio del sole, il disco luminoso della vita, e non è affatto un caso che l’altro luogo sacro panellenico, Delfi, fosse ancora dedicato a lui. Qui esercitava la Pizia, o pitonessa, oracolo del dio, e qui si trovava l’omphalos, l’ombelico del mondo: i due estremi, Delo e Delfi, così si congiungono sotto il segno di Apollo. È con gli occhi della mente e dei sensi allora che bisogna viaggiare per le Cicladi, perché altrimenti non si capirebbe come isole così rocciose e brulle, buone solo per le capre, siano state la culla del mondo occidentale così come lo conosciamo. A parte Delo, su cui si tornerà, il percorso segue allora il tragitto del sole, da oriente a occidente, per terminare sugli splendidi tramonti di Thera, Santorini. Da Amorgos, imperdibile per gli appassionati di trekking, dove il panorama spazia immenso dalle alture bordate di nuvole viola e dai mulini a vento di Hora, si accede all’incanto fiabesco delle Piccole Cicladi, un gruppo di isolette fuori dal mondo a ridosso della grande Naxos: solo quattro – Donousa, Áno Koufonísia, Iráklia e Schinoúsa – sono abitate, ma gli scenari sono mozzafiato. A Naxos Teseo abbandonò Arianna di ritorno da Creta, ma alla fanciulla non andò così male perché trovò conforto fra le braccia di Dioniso: è per questo che se siete afflitti dalle pene d’amore non c’è niente di meglio che affidarsi al rinomato vino locale. A Páros si trova un pezzo di storia greca importante: il marmo più pregiato, quello della Venere di Milo per intenderci, viene da qui. Páros è anche il centro nevralgico dei collegamenti marittimi per le Cicladi: Delo e Mykonos sono poco più a nord. A Delo non si può mancare di visitare il Museo e la Terrazza dei Leoni, nonché tutta una serie infinita di siti archeologici, mentre di Mykonos si può solo dire che la sua fama di leggerezza e spensieratezza è pienamente giustificata: non perdetevi però le atmosfere cubiste di Hora, la cittadina principale. Prima di piegare verso occidente bisogna risalire il meltemi e raggiungere Tínos e Ándros: al fervore religioso della prima si può accostare il dolce far niente delle spiagge della seconda. Il tuffo a sud è costellato di perle di rara meraviglia: Ioulida, Khytnos, Serifos e Sifnos, giù, fino alla bellezza eterea e struggente di Folégandros, uno dei luoghi più emozionanti e languidi dell’Egeo. Théra finalmente, la fine del cerchio. L’isola è rude, aspra e spigolosa come la sua storia, fatta di esplosioni vulcaniche e maremoti, eppure conserva ancora quella dolcezza impalpabile che si ritrova negli affreschi di Akrotiri, la città sepolta. È a Santorini, allora, mentre ci si perde nei meandri liquidi di un cocktail di fronte a uno dei tramonti più emozionanti della Terra che bisognerebbe pensare al suo antico nome, quello che aveva prima dell’eruzione che l’ha trasformata: si chiamava Strongili a quel tempo, “la rotonda”.

Una cucina, tante cucine
Rispetto alla Grecia continentale, dove elementi non-greci – slavi e turchi in particolare – hanno lasciato dietro di sé una cultura gastronomica di meticciamento, le Cicladi presentano ancora un panorama squisitamente locale. Gli isolani sono orgogliosi dei loro piatti tradizionali che chiamano la “cucina della yayia”, della nonna. Ogni isola ha i suoi e al contrario del continente, dove predomina la carne, qui il pesce e le verdure sono la base: su tutto, immancabile, l’olio d’oliva, spesso espressione di piccole produzioni locali. Il polpo grigliato è l’insostituibile piatto forte dei Mezedes, gli stuzzichini, a cui si aggiungono le sardine, i Gávroi (acciughe marinate), il Lakerdá (pesce affumicato) e l’Hainosálata (insalata di uova di ricci). A parte le Mayireftá di verdure stufate, straordinari sono i formaggi, dall’Anthotyró cretese al Krasotyri di Sifnos stagionato nel vino, dal Chloro di Santorini al Kopanisti di Mykonos. E a proposito di vino, lasciate stare la Retsina: nelle Cicladi si bevono l’Assyrtiko, l’Athiri o l’Aidani.